mercoledì 27 aprile 2011

La storia, la ricerca storica: un diritto degli studenti.

Con Rolando Dondarini, storico, dell'Università di Bologna, parliamo della proposta di legge avanzata dall'On. Gabriella Carlucci, del PDL per l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla imparzialità dei libri di testo scolastici, con particolare riferimento a quelli di storia.

Non è la prima volta che si tenta la via della censura per uniformare i testi scolastici alle concezioni della Destra. Si tratta di una riproposizione in termini ancora più beceri e inaccettabili di quanto fu deliberato tra novembre del 2002 e gennaio del 2003 su proposta dell'onorevole Fabio Garagnani dalla settima commissione della Camera dei Deputati presieduta da Ferdinando Adornato, in merito all'istituzione di una commissione che verificasse "i criteri di oggettività" dei manuali di storia. Già allora in quella commissione la Carlucci era stata tra i firmatari e sostenitori della delibera. E' evidente che contraddicendo l'insopprimibile relatività delle interpretazioni storiografiche, questi progetti prefigurano già e pesantemente una censura di stato.
Il ministro Moratti non volle o non fece in tempo a dare seguito concreto a questa iniziativa.
Non si tratta quindi un’estemporaneità o di un aspetto marginale della visione della Destra al Governo.

Ricordaci quali argomenti utilizza la Carlucci, e quali libri accusa.


E' interessante ripercorrere le accuse della Carlucci, per rendersi conto dell’inconsistenza delle sue motivazioni. Dice che “In Italia negli ultimi cinquant’anni lo studio della storia è stato spesso sostituito da un puro e semplice tentativo di indottrinamento ideologico … Con la caduta del Muro di Berlino e con la fine dell’ideologia comunista in Italia i tentativi subdoli di indottrinamento restano tali, anzi si rafforzano”- così si definisce quella che le pare una “storia asservita ad una parte politica”.
Cita alcuni noti libri di storia per le scuole. Così il 'DELLA PERUTA-CHITTOLINI-CAPRA' laddove gli autori scrivono di un Togliatti, “uomo politico intelligente e duttile e capace di ampie vedute”, di un Berlinguer “un uomo di profonda onestà morale ed intellettuale, misurato e alieno alla retorica”. Sorprende un attacco che la Carlucci rivolge anche alla definizione di De Gasperi, da parte degli autori, quale “statista formatosi nel clima della tradizione politica cattolica”. Davvero non comprendiamo dove stia la presunta faziosità di queste considerazioni.
La Carlucci denuncia poi il giudizio di questi storici sulla vicenda del PDS, seguita alla fine del PCI, allorquando scrivono “Il PDS intende proporsi come il polo di aggregazione delle forze democratiche e progressiste italiane; la sua azione ha per base un programma di riforme politico-sociali miranti a rendere più governabile il Paese, a moralizzare la vita pubblica, a risanare le finanze dello Stato e ad attenuare le diseguaglianze e le ingiustizie sociali a danno dei ceti più deboli economicamente”. Un intendimento appunto. Del 'CAMERA-FABIETTI' dice che fornisce troppe notizie sui partigiani, notizie “propagandistiche volte a influenzare, evidentemente, i giovani diciottenni a fini elettorali”, e contesta che trattando dell' ultimo periodo della DC riporti il ruolo svolto da Rosy Bindi nell'indurre il proprio partito ad allontanare gli inquisiti dalle liste elettorali. Forse ciò che più le spiace è la citazione di Berlusconi, visto nella sua prima esperienza di Presidente del Consiglio dei ministri appare segnata da “l’uso sistematicamente aggressivo dei media, i ripetuti attacchi alla magistratura, alla Direzione generale anti- mafia, alla Banca d’Italia, alla Corte Costituzionale e soprattutto al Presidente della Repubblica - allora Scalfaro - che portarono ad un clima di conflitto”.
Ancora su Scalfaro la Carlucci attacca anche un altro manuale, l'ORTOLEVA-REVELLI, che riferisce del “rigore morale e della valorizzazione delle istituzioni parlamentari”, operata dal Presidente.
Del DE BERNARDI GUARRACINO è invece contestata l'affermazione sin dal ‘48 “la definitiva rottura del fronte antifascista si manifestò con l’instaurazione di un governo di centro-destra i cui indirizzi programmatici (...) già si muovevano in direzioni assai diverse dalle indicazioni del dettato costituzionale” e quella che “da quel momento l’attuazione della Costituzione sarebbe diventato uno degli obiettivi dell’azione politica delle forze di sinistra e democratiche”.
In sintesi, si può dire che le citazioni accusatorie della Carlucci riguardino, in larga misura, punti su cui il giudizio è diffuso e condiviso, anche per memoria recente, al di là degli schieramenti politici e culturali.

Mi chiedo e ti chiedo, a questo punto, se non occorra segnalare che queste produzioni di manualistica suscitano fastidio solo perché si distinguono in un vasto arcipelago di testi dove hanno lavorato storici con visioni conservatrici? Per non parlare dei redattori sbrigativi, ma molto presenti che avanzano, soprattutto dagli anni '90 in poi visioni francamente reazionarie, su più punti; basti pensare alle assoluzioni del fascismo, o alla critica “neo-clericale” allo stato unitario ed alla sua evoluzione fino alla Repubblica.

Viviamo frangenti in cui molti affermano e vorrebbero imporre le proprie verità e certezze, tacciando di relativismo e di faziosità le ricostruzioni degli altri. Tutte le opere storiografiche non possono che essere relative e soggettive, essendo frutto di interpretazioni, ma non debbono mai derogare da ciò che è accaduto, altrimenti si potrebbe ammettere il negazionismo, che in nome di una presunta”altra storia”, del tutto ideologica, vorrebbe oscurare la realtà dei fatti. Certo i libri di storia non possono dispensare verità assolute e oggettive, ma ciò che debbono e possono perseguire è l’attendibilità, cioè la garanzia che quanto si espone è frutto di un lavoro di ricerca basato sull’uso delle fonti e su un corretto percorso metodologico. Tacciarne alcuni di colpevole unilateralità solo perché non rispondono alle proprie visioni significa arrogarsi una facoltà di giudizio e di selezione che è già censura
È questo il significato della proposta di legge della Carlucci.

Questo è l'oggi, ma ricordiamo anche cosa è successo “ieri”. Si accusa la cultura di Sinistra di egemonia e strapotere ma, anche dopo il regime fascista e la sua scuola, in 60 anni di storia democratica per almeno 40, nelle scuole, vi è stata una assoluta prevalenza di testi e narrazioni, che univano un' impronta cattolico moderata con una concezione nazionalista degli accadimenti, tutta basata sulla continuità istituzionale del potere, senza strappi e divisioni fra monarchia, fascismo, repubblica democratica. In questo impasto per il '900 non c'era spazio e neppure per un Risorgimento approfondito nei contenuti, non solo retorico.
Si occultava la modernità, appena si accennava all'intera parabola del fascismo e del nazismo, alla guerra perduta, cancellate le responsabilità...


Sì; e un altro esempio è l'apologia delle Crociate. La si svolgeva e ancora la si ribadisce, nascondendo gli orrori della “nostra” parte.
In realtà, i testi, le voci che la Carlucci accusa sono alternativi a quelli che hanno sempre pervaso la scuola e le fonti a cui si rifanno sono state a lungo ignorate. E' naturale che ci siano, che siano stati scritti. Una censura nei loro confronti è inaccettabile e del tutto contraria al pluralismo.

Tu parli di “relatività”, di “plurale”, quindi di alternative. La Carlucci e sodali rivendicano la necessità che prevalga, indisturbata, “una” verità, cui dare il potere di censurare.
Si negano, mi pare, i caratteri propri della storiografia.


Sì, il punto è esattamente questo. Come ho già accennato, un carattere fondamentale della storiografia è che non può dispensare verità assolute; il suo tema, il suo asse è che l'oggettività dei fatti è sempre sottoposta all'interpretazione di chi li racconta. Solo un regime antidemocratico può pretendere di imporre per legge una verità assoluta. Per leggi e per commissioni.
Nessuno deve essere costretto ad epurarsi dalle proprie convinzioni.
Ricordiamoci, inoltre, che la storia che si studia a scuola, non è sola, non è la sola fonte dei ragazzi.
Oggi gli studenti, e non solo loro si avvalgono di altri mezzi di reperimento di informazioni storiche.

Pensiamo a Wikipedia, un'esperienza interessante ma non priva di ambiguità, con livelli di certezza delle fonti molto disomogenee da voce a voce e una forte presenza di soggetti portatori di pressione ideologica, reazionaria. Anche qui il punto sembra essere, in molte voci, la critica della “storia”, ad esempio sul Risorgimento.

La storia senza libro è molto più ideologizzata della storia dei libri che scaturiscono dalla ricerca.
I mezzi di propaganda di cui i centri di potere politico ed economico possono avvalersi oggi, sono strumenti formidabili, i più efficaci e potenti di cui abbia mai disposto il genere umano: la rete, le televisioni, che vedono concentrarsi nelle mani delle multinazionali l'informazione e la comunicazione.
Nella vicenda umana mai come oggi è stato possibile condizionare il pensiero e annullare la capacità personale di riflettere, di pensare.

Per questo la scuola riacquista, drammaticamente, importanza e, probabilmente, per questi motivi la si avvilisce e la si taglia.
A scuola, forse, si può provare a reggere il filo teso fra non oggettività, libertà interpretativa e capacità di far apprendere e di educare è però complesso e difficile. Emerge qui il ruolo dell'insegnante...


L'insegnante è un promotore di conoscenza, di critica e di consapevolezza che insieme generano pluralità di visioni. Suo compito non è solo quello di fornire gli elementi nozionistici di una disciplina, ma anche quello di problematizzarli, sottoponendo a critica anche i testi e facendo assumere agli studenti posizioni personali e più consapevoli.
Indurli ad affrontare da più lati gli elementi della conoscenza proponendoli non come dati di fatto e nozioni astratte, ma come problemi da far propri significa favorire anche la loro memorizzazione, poiché stimolandoli ad esercitare la loro capacità critica, essi li fanno propri.
E l'insegnate a questo scopo può avvalersi, con la classe, di più strumenti, di una eterogeneità di fonti: da quelle scritte, orali, iconografiche e multimediali, fino ai quotidiani.
Gli studenti comprenderanno così che solo gli eventi sono oggettivi: il loro racconto è soggettivo.
Per questo dobbiamo reagire alle accuse della Carlucci, non soltanto per difendere la libertà degli storici e degli insegnanti, che è comunque un dovere democratico, ma per affermare la libertà di opinione e di scelta degli studenti.